Professione oppure hobby?

Non c’è professione senza retribuzione.
Un concetto semplice, banale se si vuole, che ancora sfugge a molte persone.

Chi esercita una professione deve essere retribuito.
Altrimenti non si tratta di attività professionale, ma di hobby.
Più che lecito divertirsi a esercitare una passione, ma non la si chiami professione!

Veniamo ai giornalisti. Quanto detto si applica non solo a chi appartiene all’elenco dei Professionisti (i quali, pur avendo sostenuto un esame, sono soggetti a revisione periodica come tutti: se inattivi e/o non retribuiti vengono cancellati dall’Albo) ma a maggior ragione interessa chi è parte dell’elenco dei Pubblicisti.

Perché dico “a maggior ragione”? La legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti (69 del 1963) lo ribadisce sin dall’articolo 1: “Sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi”.

Non occasionale = pubblicazione continua di pezzi, senza buchi temporali.
Retribuita = compensi non inferiori a quanto stabilito dall’Ordine regionale di appartenenza (o domanda d’iscrizione).

La differenza sostanziale tra chi esercita una professione (soggetta a norme più stringenti e doveri deontologici aggiuntivi) e chi invece si diletta a praticare un hobby, passa proprio per la retribuzione.

Se ribadisco nero su bianco questi concetti è perché molti colleghi, nei giorni scorsi, sono rimasti sorpresi nel sentirmi definire una persona “pensionato che vaga per conferenze stampa giocando a fare il giornalista”.

Non voglio entrare nel caso specifico, colgo l’occasione tuttavia per spiegare meglio alcuni concetti.
Chi si presenta ad una conferenza stampa per una testata di informazione (sia esso iscritto all’OdG o meno, come chi sta seguendo un percorso per diventare pubblicista), ed è retribuito, sta svolgendo un lavoro.
Così come un collega iscritto all’Ordine che si muove da freelance e propone a pagamento i suoi pezzi.

Ma un NON iscritto all’Ordine che si presenta a conferenze stampa o eventi (per una testata o in autonomia) SENZA essere retribuito è solo un hobbista (uno che “gioca a fare il giornalista”).

Tornando al caso che mi ha indotto questa riflessione: la persona in questione ha affermato più volte, in passato, di scrivere senza alcuna retribuzione: “tanto ho già la mia pensione”.
Una condizione, questa, che gli preclude in partenza la possibilità di essere iscritto all’elenco dei Pubblicisti.

Di più, e peggio, lo scrivere per testate di informazione (registrate in tribunale e con direttore responsabile) senza alcuna retribuzione, dando ampia disponibilità a coprire eventi, non è esercitare un hobby: significa concorrere all’attiva distruzione di un mercato del lavoro già disastrato.

Alla fin della fiera: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, anche sui giornali, iscritti all’Ordine o meno. Lo dice l’articolo 21 della Costituzione.

Si può essere blogger, commentatori Tv o quant’altro senza essere iscritti ad alcun Ordine.
Quando, però, un’attività di informazione nei giornali diventa sistematica e retribuita bisogna iscriversi all’Ordine dei giornalisti (con relativi doveri aggiuntivi, voluti dal legislatore a tutela dei lettori).

E se l’attività per una testata di informazione è sistematica, strutturata e NON retribuita? A quel punto, dato che non ci sono nemmeno i requisiti per accampare la più classica delle scuse (“stavo facendo un percorso da pubblicista”, cosa impossibile senza una retribuzione adeguata) si configura il reato di abusivo esercizio della professione, così come previsto dall’articolo 348 del Codice penale. Con gravi conseguenze anche per il direttore della testata e la gerarchia redazionale (comma 3).