Abbiate pietà dei lettori

C’è un cassetto della mia scrivania, nella redazione del Corriere Cesenate, che ha accolto per lungo tempo i testi di molti collaboratori, e non, del giornale.

Vi si trova, tutt’oggi, una cartellina scottante da me intitolata “Crimini giornalistici contro l’umanità. Tutto ciò che non avremmo mai voluto veder pubblicato… e infatti abbiamo cestinato“.

Una raccolta di pezzi immondi, dai deliri di giovani collaboratori ai rari strafalcioni di giornalisti più navigati, passando per impresentabili lettere dei lettori. Quasi tutti vi sono finiti, generalmente, non per banali errori ortografici o grammaticali, ma per veri e affronti al giornalismo e alle sue “regole”.

Purtroppo, a dispetto del titolo, parte di quel materiale è finito egualmente sul giornale.
E, ormai da troppo tempo, quella cartellina langue. Almeno da quando non mi occupo più della verifica dei pezzi altrui, limitandomi ad annoiare i lettori con i miei articoli e a gestire l’edizione on-line del settimanale.

Ora la “cartellina dei crimini” viene saltuariamente aggiornata dal saggio Tano.
Ma in questo modo io ho perso una preziosa valvola di sfogo.
Così, ho deciso di sfruttare questo spazio per riprendere in parte questa gloriosa tradizione.

Non per giudicare tout-court, bensì per levarmi dalle scarpe qualche sassolino, condividendo col mondo esterno la mia indignazione. Semmai capitasse.

Ed è appena capitato. Questa volta a farmi accendere di rabbia è stato l’articolo “L’amicizia, un frutto di Loreto“, pubblicato a pagina 21 del Corriere Cesenate del 16 novembre.

Come esperienza di vita sarebbe anche stato anche un pezzo simpatico.
E non parte affatto male. Ma dopo un avvio da “giornalista” (ribadisco le virgolette, dato che per legge non si può definire tale chi non sia iscritto all’albo) l’autrice del pezzo incomincia a parlare in prima persona.
Già questo sarebbe stato un motivo sufficiente per relegare il tutto nella pagina delle lettere.

Il meglio però arriva nel finale con i ringraziamenti (sempre in prima persona) a mezzo mondo.
Manca solo il televisivo “ciao mamma”.

Senza contare la moralina finale in puro stile bollettino parrocchiale.
Quel pezzo sarebbe stato già azzardato inserirlo nelle pagine di “Vita della Chiesa”.
Era proprio necessario metterlo in apertura nelle pagine di territorio, dove il lettore si aspetterebbe della sana cronaca?

Bah.
In ogni caso, nello stesso numero del Corriere Cesenate, altre persone si sono distinte per cappelle.
E, nomen omen, non poteva che trattarsi del sottoscritto.

Nell’articolo sull’intervento di Zamagni alla settimana sociale diocesana ho messo in bocca a papa Pio VI (il cesenate Braschi) la frase di Paolo VI sulla politica come “più alta forma di carità”.
Una svista da principiante per la quale mi cospargo la pelata di cenere.

Chissà cosa sarebbe successo, però, se quelle parole fossero state pronunciate effettivamente due secoli prima, facendo cambiare rotta al forcaiolo Stato della Chiesa e anticipando di un secolo la dottrina Sociale… 😉

11 risposte su “Abbiate pietà dei lettori”

  1. Sai quanti sono gli articoli pubblicati che invece si meritano l’oblio nella cartellina dei crimini giornalistici contro l’umanità! Spazzatura insulsa!

  2. Mitico Boc!
    Ci hai perfetamente raggione, cioè, ci sta della ggente che scrive in un modo che proprio che non si capiscie niente, che lo leggi e dici boh?
    A parte gli scherzi, sono andato a leggere il pezzo incriminato… è da sbellicarsi! Infatti il salto è notevole fra l’inizio e il “vorrei” con cui inizia la parte incriminata. Dovresti ricopiare tutti i pezzi “orrorifici” in una sezione apposita, per farci godere di questi involontari capolavori dell’umanità giornalistica… ma siamo sicuri che qualcuno non si farà avanti per tirare le orecchie? Zzzzì, ci zzzarà qualcuno che lo farà, ci puoi zzzzcommettere… 🙂

  3. Ma sì mettili su..Ha ragione Turro…Facci ridere, sono pronta a veder pubblicati anche i miei!!! Quello sui ciclisti che ho scritto anni fa era veramente bestiale.
    Bacio

  4. Bucci, la tua “rabbia accendila” per cose ben più gravi di questa. Addirittura “indignato”?
    E per cosa? Per un pezzo di una collaboratrice del Corriere Cesenate, che come tanti altri, vi aiuta a riempire le pagine del giornale?

    Oltretutto che:
    1) non sei un professionista del mestiere quindi certe filippiche lasciale, magari, a qualcun altro;
    2) la ragazza in questione, della quale non ti fai scrupoli a linkare il pezzo che tanto scalpore ha suscitato, non mi pare sia un’esperta di comunicazione ma mi risulta che il suo campo di lavoro sia ben altro.

    Facile fare il duro coi deboli! Facile sputtanare in pubblica piazza un articolo scritto da una collaboratrice non professionista che si occupa d’altro.

    Una “caduta di stile” non da poco, direi.
    (sul virgolettato chiedere al collega Riciputi).

  5. @Mosconi
    Non abbiamo mai avuto il piacere di presentarci ufficialmente, dato che non ci conosciamo se non di vista. Entrare a gamba tesa in questo mio sito non mi pare il modo migliore per intavolare un dialogo costruttivo. Ma tant’è. Voglio rispondere nel merito alle accuse non per giustificarmi, bensì per cogliere l’occasione di una più generale riflessione sulla formazione ed il ruolo dei collaboratori in ambito giornalistico.

    Questo vecchio post, che rispecchia in modo fedele il mio modo di fare nonostante risalga a fine 2007, può essere considerato una caduta di stile? Può darsi. Ma non sempre lo stile giova alla formazione. Lo affermo, con un certo margine di sicurezza, per aver sperimentato io per primo la veridicità di questa affermazione.

    Per meglio argomentare apro una parentesi personale. Ho mosso i primi passi, giornalisticamente parlando, al Corriere Cesenate ma non è lì, bensì al Resto del Carlino che ho vissuto i momenti più intensi della mia formazione. In quegli anni (fine secolo) non poteva essere diversamente dato che il Corriere non disponeva di una redazione vera e propria, se si esclude una disadorna stanzetta a Palazzo Ghini. I giornalisti di allora consegnavano gli articoli per il Corriere (battuti a macchina o su floppy) direttamente in tipografia, dove si trattenevano poi in riunioni semi-carbonare.

    Formarsi nella redazione di un quotidiano locale era una strada obbligata per noi, tanto più che all’orizzonte si profilava l’avvio di una redazione tutta nostra (inaugurata nel marzo 2002). Una redazione che, a quei tempi, sognavamo in grado di formare/sfornare nuove leve, di dare opportunità di crescita ai giovani giornalisti (in collegamento con Fisc e Sir) un tempo impensabili a Cesena e dintorni. Opportunità delle quali anche tu hai poi beneficiato.

    Al Carlino, ad ogni modo, l’avvio non fu dei più semplici per me. Nonostante scrivessi già da tempo non mi veniva perdonato nulla e, ti dirò, sono lieto che le cose siano andate in questo modo. Al minimo errore, sottovalutazione o taglio errato del pezzo, il foglio con la bozza di articolo veniva stracciato in faccia all’interessato con tanto di urlacci al seguito. Il tutto, ovviamente, in pubblico e nel ludibrio partecipe della redazione. Ogni tentativo di giustificazione veniva stroncato sul nascere. L’unica alternativa possibile consisteva nel girare i tacchi e nel ripartire da zero a testa bassa.

    Eccessivo? Alienante? Pedagogicamente obsoleto? Può essere. Ma funzionava, eccome. Sulla base di quelle premesse nacque, all’avvio della nuova redazione del Corriere, la cartellina dei “crimini giornalistici”. Pezzi da raccogliere in maniera certosina per poi sbatterli in faccia agli interessati. Perché non si finisce mai di imparare. E, in questo campo, impare con una legnata in faccia porta più benefici di quanto possa sembrare. Come ebbi modo di dire una volta in redazione con il mio consueto modo di argomentare politically incorrect: “bisognerebbe sempre essere pronti ad ingoiare con umiltà badilate su badilate di merda”.

    Purtroppo al giorno d’oggi in molte redazioni di quotidiani non esiste più una vera gavetta per i collaboratori. Questo perché le pagine sono aumentate a dismisura nel giro di appena 10 anni mentre le persone disposte a scrivere per pochi euro a pezzo stanno diminuendo. Così, quasi sempre, i veterani si limitano ad imbarcare carne da cannone fresca, in grado di garantire alla redazione un congruo numero di pezzi. Almeno per qualche mese o qualche anno. Non c’è tempo per la formazione e non ci si può più permettere di far la faccia truce con i nuovi arrivati: il rischio che il collaboratore apra gli occhi e se ne vada è troppo alto.

    Stando così le cose, almeno il Corriere cesenate dovrebbe cercare di sottrarsi a questa logica perversa e non fare affidamento su collaboratori che, come tu scrivi: “aiutano a riempire le pagine del giornale”. Quando questo accade io mi indigno. Mi indigno perché il nonostante il Corriere sia impegnato da anni nella formazione dei suoi collaboratori (una vera rarità nel panorama locale) evidentemente non fa ancora abbastanza su questo fronte. Mi indigno perché sogno un Corriere cesenate una spanna avanti agli altri.

    Pubblicare degli articoli “per riempire le pagine” rappresenta una sconfitta tanto per il giornale quanto per l’autore del pezzo. Il fatto che un collaboratore non scriva abitualmente per il giornale (come nel caso citato nel mio post e nel tuo commento) costituisce, a mio avviso, un’aggravante piuttosto che una giustificazione. Nostro esclusivo punto di riferimento sono e devono rimanere i lettori, che meritano articoli degni di questo nome. Per chi vuole mandare testimonianze o racconti strappalacrime c’è sempre a disposizione la pagina delle lettere o, al massimo, dei box in corsivo a corredo di articoli principali.

    Permettimi ora una postilla in conclusione. Vero è, come affermi, che il sottoscritto non è ancora iscritto all’elenco dei professionisti: in attesa di averne la possibilità continuo ad albergare nell’elenco dei pubblicisti del nostro Ordine. Ad ogni modo esercito questa professione in via esclusiva da anni e questo mestiere mi permette di arrivare in maniera decorosa a fine mese. Come tutti ho ancora moltissimo da imparare, ma qualche titolo sul campo penso di essermelo guadagnato. Il nostro essere schietti e a volte truci (nel caso mio e di Cristiano) non dev’essere scambiato per sadismo ma inquadrato nel contesto esposto in precedenza.

    Se poi preferisci ignorare i consigli di chi è disposto a perdere tempo per te (mi riferisco espressamente a Cristiano) e tirare dritto per la tua strada nessuno te lo impedisce.

  6. L’averti incontrato l’altra sera in un locale rockeggiante mi fa pensare che qualche punto in comune per iniziare ad intessere un dialogo costruttivo ci possa essere.

    Sono entrata in gamba tesa, è vero. In realtà il post lo avevo letto quasi “in diretta”, scovandolo anni addietro, e mi era sempre rimsto lì, davvero poco digeribile per chi, come me, è un collaboratore da 4 soldi. Ma aspirante giornalista.

    Non ti avevo mai risposto proprio perchè non ci conosciamo, e non mi sembrava opportuno intervenire. Poi le vicende di qualche giorno fa, con Riciputi che mi ha espressamente chiamato in causa, mi hanno portato da queste parti.

    Il collega mi scrive, in seguito ad una mia leggerezza su un articolo pubblicato sul Corr Romagna, quotidiano col quale collaboro da anni: “credimi. già 13 anni fa io e bucci prendavamo per il culo Turroni che scriveva le recensione degli spettacoli teatrali dove lui faceva l’attore… GRAZIE PER QUESTA PERLA IO E BUCCI TE NE SIAMO GRATI ERANO ANNI CHE MANCAVANO QUESTE RAFFINATEZZE GIORNALISTICHE grazie di cuore”.

    Bene, se me ne siete grati. Immagino di aver contribuito anche io alla tua/vostra cartellina “crimini giornalistici contro l’umanità”, nella redazione del Corriere Cesenate (penso siate l’unica redazione che ne ha una).
    Oltretutto che, se conosco Riciputi, a te ti ho giusto incrociato qualche volta in redazione ed “essere presa per il culo da te”, (parole di Riciputi) che manco ti conosco proprio non mi va. Fermo restando che “essere presi per il culo” non è mai costruttivo.

    Mi dovrai spiegare anche cosa intendi quando dici che “Cristiano è disposto a perdere tempo con me”. Che ne sai del rapporto professionale mio e di Cristiano? Oltretutto io al collega Riciputi, perlo meno telefonicamente, non lo sento da anni, e che lui “perda tempo per me”, non mi risulta. Se hai informazioni diverse fammele sapere.

    Hai ragione quando dici “Stando così le cose, almeno il Corriere cesenate dovrebbe cercare di sottrarsi a questa logica perversa e non fare affidamento su collaboratori che, come tu scrivi: “aiutano a riempire le pagine del giornale”. Quando questo accade io mi indigno. Mi indigno perché il nonostante il Corriere sia impegnato da anni nella formazione dei suoi collaboratori (una vera rarità nel panorama locale) evidentemente non fa ancora abbastanza su questo fronte. Mi indigno perché sogno un Corriere cesenate una spanna avanti agli altri.”

    Non ci crederai ma la penso ESATTAMENTE come te. Forse è per questo che mi arrabbio quando non mi viene data la giusta attenzione o non mi sento abbastanza valorizzata. Quando vorrei di più da questo giornale.(Sono andata in Sicilia con la Fisc, sono andata a Roma al Sir. E’ vero, ne ho beneficiato, in parte. Ma non ho mai avuto l’opportunità di venire in redazione, a Cesena, per esempio, a scrivere un articolo “sul campo”, o a impaginare, o a mettere un titolo)

    Quello che mi ha fatto arrabbiare leggendo il tuo post, o recependo l’input di Riciputi che mi aveva fatto notare una cosa, è il modo…da terrorista psicologico che hai/avete avuto.

    Bucci, non c’era bisogno di linkare il pezzo della ragazza in questione, dove compare anche la sua firma. Perchè, come esempio di cattivo giornalismo, non ci hai messo un tuo pezzo visto che sei abbastanza navigato in campo, o un crimine giornalistico di Riciputi? Così la ragazza in questione fa la figura della sfigata e dell’incopetente, anche se “vi aiuta a riempire le pagine del giornale”. Ho usato questo termine brutale, ma potevo anche scrivere contribuisce alla crescita del giornale: nella fattispecie la ragazza ha raccolto una testimonianza preziosa, e se non l’ha scritta “giornalisticamente corretta” neanche si meritava di essere sbeffeggiata così!!! Chissà se verrà all eprossime mangiate della redazione dopo essersi sentita così brutalmente chiamata in causa. Si parla tanto, li dentro (e giustamente) di dare attenzione alle persone. Beh dietro un giornalista/collaboratore c’è prima di tuto una persona. Se il direttore o la redazione hanno chiesto un pezzo, e a maggior ragione, hanno deciso di pubblicarlo…attenzione alle critiche facili. Tanto più che un pezzo scritto male, viene pur sempre ‘passato’ da un esperto giornalista o da un professionista.

    Ecco la mia “caduta di stile”, frase, per la verità nutuata dal buon Riciputi, riferendosi al mio scivolone giornalistico.

    Ha ragione per carità, ma se parliamo di savoir faire, e dopo aver letto il tuo post, non sono l’unica ad essere “caduta stilisticamente”

    Allo stesso modo, se ho commesso una leggerezza col mio quotidiano, firmando un pezzo (oltretutto ‘leggero’) nel quale comparivo nella foto, qualcuno poteva farmelo notare senza prendermi per il culo, o chiamando in causa te, che manco ti conosco.

    Come ho già spiegato a Riciputi, che evidentemente si ostina a non capire, io in questo mestiere ho una gran voglia di imparare. Proprio perchè lo voglio far diventare il lavoro della mia vita. Da inesperta quale sono cerco gente disposta ad aiutarmi nella mia crescita professionale.

    Il resto lo lascio ad altri, non mi interessa.

  7. Quello che da un po’ di tempo si nota è che i giovani collaboratori difettano di umiltà, di cui invece sarebbe bene armarsi dato che il giornalismo richiede una lunga gavetta.

    In fondo la cartella dei “crimini giornalistici” non è stata inventata per ridere dei collaboratori, ma sorridere con loro sdramatizzando gli errori che facciamo tutti quanti.

    Mi piacerebbe leggero meno chiacchiere e rilevare più autoironia.

  8. @Mosconi
    Rispondo per punti e poi chiudo la discussione dato che non mi sembra il caso di dare luogo ad un flame. Ritengo che questa discussione finora sia stata proficua perché, pur partendo da un caso personale, ci ha aiutati a riflettere su alcuni aspetti importanti di questa nostra professione.

    Punto primo. Mai “preso per il culo” persone che non conosco. Chi mi conosce sa che prendo in giro, in modo assolutamente feroce e diretto, solo gente conosciuta (come nel caso di quel vecchissimo articolo di Turro cui fai cenno, oggetto di ilarità condivisa prima di tutto con l’autore del pezzo stesso). Diversamente posso esprimere un certo disgusto e, al massimo, correre alla ricerca di un antiemetico. Nel caso specifico citato da Cristiano, il tuo pezzo mi fece sorridere ma ritengo ci sia ben di peggio nel panorama locale.

    Secondo punto. Il tempo è prezioso per tutti, per un giornalista ancora di più. Il fatto che Cristiano ti dedichi attenzioni, sia pure informatiche, nonostante sia oberato da mille impegni (il Corriere è solo una frazione del suo lavoro) mi colpì in positivo quando me ne fece cenno (prima di questo botta e risposta informatico penso di averti sentito citare in redazione si e no un paio di volte). Personalmente ritengo che dovresti fare tesoro di ciò che dice. Il fatto che tu non colga l’importanza di questa cosa e, impermeabile alle sue indicazioni, stia continuando a piagnucolare commenti a nastro mi fa temere che l’opera di Tano risulterà vana.

    Terzo punto. Citi il: “non aver avuto l’opportunità di venire in redazione, scrivere sul campo, fare un titolo…”. Mi sembra una cosa davvero inverosimile per come è strutturata la nostra redazione. Che io sappia, tanto più per chi già collabora, per fare esperienze del genere basta solo alzare la cornetta e muovere un po’ il culo. Tu lo hai mai fatto?

    Quarto. Il rispetto pieno della persona, per me, passa anche per un aiuto effettivo alla sua crescita. Ed una vera formazione, come ho scritto nel commento precedente, a mio avviso si realizza anche attraverso un po’ di metaforiche, ma assolutamente sane, legnate nei denti. In ogni caso questo blog, un sito assolutamente personale, è letto sì e no da quattro gatti. Di questi quanti avranno mai cliccato il link andando al pezzo originale? Non mettendo il nome dell’autrice in questo post ho evitato una indicizzazione dello stesso nome da parte dei motori di ricerca (questo si sarebbe stato poco carino), e tanto mi basta.

    Quinto. Sul fatto che il pezzo incriminato “la redazione ha deciso di pubblicarlo…”. Ecco il nocciolo della questione! Il mio post contestava in egual modo chi ha deciso di impaginarlo in quel modo
    E ti assicuro che chi doveva cogliere questo aspetto lo ha colto subito, con autoironia.

    A proposito di umiltà ed autoironia, in conclusione, non posso far altro che associarmi all’ultimo commento di Fringui. I primi 4 commenti (quelli prima del tuo) sono tutti di giornalisti più che navigati: 3 collaboratori ultradecennali del Corriere Cesenate (e di quotidiani locali: Carlino e Voce) ed il vicedirettore del Corriere stesso. Persone che a differenza tua hanno saputo ben interpretare, da subito, il mio intervento.

    Come scritto a inzio commento, chiudo qui questa pubblica discussione per non cadere nel flame. Per qualsiasi chiarimento privato resto disponibile via mail.

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