Quale formazione per i giovani collaboratori?

Nonostante questo mio sito non venga aggiornato da tempo (nell’era dei social network il blog di tipo classico è un po’ negletto) noto dalle statistiche d’acceso un vivo interesse per i post relativi al giornalismo.

Di recente una mia vecchia considerazione ha riacceso il dibattito sul trattamento e la formazione dei collaboratori, un tema che non perde mai di attualità. Preso dalla foga, ho trasformato un mio commento in un lungo papiro.

Non di meno, resta aperta la domanda: quale può essere la migliore formazione per un collaboratore? Le redazioni di oggi vedono i giovani collaboratori come persone che si “mettono a bottega”, e dunque da formare e far crescere,  o piuttosto come carne da cannone buona solo da sparare alle conferenze stampa e riempire pagine?

2 risposte su “Quale formazione per i giovani collaboratori?”

  1. é un bell’argomento che vale la pena approfondire.

    Dopo aver scritto un papiro in risposta ad “una tua vecchia considerazione” direi che, per il momento, rimando a quello.

    saluti.

  2. Ho letto post e commenti precedenti, e sottoscrivo ogni parola di Boch.
    Proverò a dare una mia piccola e umile risposta, nonostante io sia lontanissima ancora dal potermi considerare autorevole in una simile conversazione.

    Credo che la miglior formazione per un collaboratore sia lui stesso a doverla costruire. Certo, esistono redazioni con modus operandi unico per tutti gli aspiranti giornalistini, nelle quali è ben difficile farsi strada. Ma in realtà sono più convinta che l’atteggiamento della redazione sia semplicemente uno specchio del modo di porsi del collaboratore. Do ut des.

    Da aspirante giornalistina posso dire che tutto quel che ho imparato sinora dai miei redattori -che non finirò mai di ringraziare per la disponibilità che mi hanno sempre dimostrato- è direttamente proporzionale ai sacrifici (se così possiamo definirli) che ho scelto di fare.

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