Abolire o ripensare l’Ordine dei giornalisti?

Non passa giorno ormai senza che esponenti del Governo, 5 stelle in primis, non tirino fuori la necessità di abolire l’Ordine dei giornalisti. Peccato che non sappiano neanche di quel che parlano. L’Ordine non funziona come dovrebbe? Certo, i primi a dirlo sono i giornalisti stessi! È stato istituito per legge 55 anni fa, un’era geologica nel mondo dell’informazione.

L’OdG vorrebbe poter funzionare al meglio. Eppure, come ho scritto più volte, l’Ordine NON può autoriformarsi dato che è un organo dello Stato (ente pubblico non economico, per l’esattezza), creato per legge e che solo per legge, per intervento del Parlamento dunque, può essere cambiato o abrogato.

I giornalisti chiedono da decenni alla politica di mettere mano alle regole che regolano la professione, eppure il Parlamento ha sempre fatto orecchie da mercante. Temo che tenere i giornalisti sulla graticola, ingabbiati in norme vecchie e strumenti disciplinari arrugginiti, convenga prima di tutto ai politici: così possiamo essere il loro capro espiatorio.

Molti colleghi sarebbero ben felici di un’abolizione dell’Ordine: niente più quota annuale da pagare, niente obbligo di formazione permanente, niente più regole deontologiche a frenarli sulle testate o sui social. Quello che però molti sottovalutano è che, abolendo l’Ordine, i giornalisti resterebbero vincolati ai soli ordini dei datori di lavoro. Oggi, grazie alla deontologia, i colleghi possono opporre qualche no, rifiutando l’esecuzione di compiti in contrasto con la deontologia. Domani non sarà più possibile, perché saranno solo degli impiegati tenuti, Codice civile alla mano, a essere fedeli in tutto e per tutto al proprio padrone.

In una qualsiasi azienda privata il rifiuto di dar seguito alle richieste dei superiori può sfociare in un licenziamento per giusta causa. In ambito giornalistico, invece, l’iscritto all’Ordine può rifiutare richieste di marchette o di servizi in contrasto con le norme che reggono la professione. Questa particolare forma di tutela deriva dall’Ordine e non può derivare da un sindacato.

Per questo io penso che l’Ordine non solo non vada abolito ma, al contrario, rafforzato per superare le debolezze mostrate fino ad oggi. Cestinare l’impianto ordinistico temo che gioverebbe solo agli editori, non certo alla pubblica opinione. Lo comprenderanno i politici?

P.S. Qualcuno spieghi a Crimi che, pur avendo la delega all’Editoria, lui con l’Ordine non c’entra nulla: il nostro ministero vigilante è quello della Giustizia