«Vuoi tu Xyz prendere il qui presente Zyx come tuo legittimo sposo?».
«Mah, sì… in senso lato sì!!».
«Come in senso lato?!?».
Strana serata quella di sabato. Alle due e trenta della notte (o del mattino, points of view…) mi sono ritrovato a dover vestire i panni del sacerdote nel parcheggio dell’Area Sismica, localino dalle apparenze malfamate situato nei primi colli di Forlì.
Mi stavo dirigendo tranquillo alla macchina, pronto a far ritorno a Cesena dove avrei raggiunto un gruppo di amici al Verdi, quando un paio di amici mi hanno placcato: «Devi celebrare il nostro matrimonio!».
Ora. Capisco la loro situazione etilica, capisco i loro casini sentimental-esistenziali, capisco l’ora tarda… ma come si fa a scambiarmi per un prete? Mah! In ogni caso, forte del mio ormai lontano triennio trascorso in seminario, ho provato a celebrare lestamente la funzione con rito iper-(cir)conciso.
Per quanto riguarda i testimoni la coppia si è avvalsa di due ragazzetti che definire avvinazzati era poco. Ma non così ubriachi da lasciarsi sfuggire la risposta dello “sposo”: un equivoco «Lo prendo!», in luogo del classico “lo voglio”, che ha suscitato reazioni tra l’ironico e il biasimevole.
A cerimonia appena terminata, dopo il bacio di rito, la coppia ha subito cominciato a litigare come nelle migliori tradizioni.
Ed io ho lasciato Forlì per Cesena, catapultandomi dall’atmosfera insurrezional-cheap dell’Area sismica all’ambiente patinato da lusso ovattato del Verdi. Ma questa è un’altra storia…