Icone di tolla

Pensavo di avere fatto il callo oramai ai messaggi pubblicitari: mi sbagliavo. Per conto mio cerco di non farmi mai condizionare dagli spot e, all’opposto, diffido sempre di chi sperpera fiumi di denaro per convincere le masse della bontà dei propri prodotti.
Ma negli ultimi tempi ci sono alcune pubblicità che, più di altre, sono state capaci di farmi perdere il lume della ragione dato che toccano da vicino il mondo dei giornalisti. Come quelle di una nota catena di elettronica o un’altra di una società di prestiti.

Entrambe impiegano finti giornalisti, cercando in questo modo di dare più credibilità al loro messaggio. La seconda pubblicità, addirittura, è strutturata sulla falsariga di un telegiornale, con tanto di sigla e collegamenti in studio. E tutto per pubblicizzare dei prestiti ai pensionati, una forma legale ma odiosa di neo-strozzinaggio.

Eppure, viene da chiedermi, quanta credibilità sia rimasta a noi giornalisti se assurgiamo persino a icona per i pubblicitari. Se mi guardo intorno vedo infatti un panorama desolante, fatto di ‘colleghi’ esperti in prostituzione e di marchette vissute nel quotidiano come una immutabile normalità.

Volenti o nolenti, consapevoli o meno, molti giornalisti sono impiegati sempre più per leccare e sempre meno per informare. Dilapidando in questo modo l’unico proprio la credibilità, quella che dovrebbe essere la prima qualità di ogni ‘penna’. Il falso mito dello “scrivere bene” dovrebbe passare in secondo piano di fronte a chi porta notizie interessanti garantendone la veridicità.

Come ho già scritto in passato, le parole di un giornalista dovrebbero essere tutte Iso 9001. Spesso invece il panorama è ben diverso e le lodevoli battaglie dell’Ordine contro la commistione tra giornalismo e pubblicità (un intreccio vergognoso, specie in molte televisioni locali) mi danno l’idea di una pistola ad acqua che lotta contro un incendio.

Ma non mi rassegno. E nonostante molti giornali o Tg siano sconfinati ormai nella palude della parodia dell’informazione, non posso non indignarmi nel vedere la mia categoria professionale mercificata e ridicolizzata dai pubblicitari.

Ricordando Andreatta

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Quando ieri sera ho saputo dall’Ansa della morte di Beniamino Andreatta ci sono rimasto più male di quanto pensassi. Mi sono ritrovato a pensare, di colpo, a quel tumultuoso periodo politico in cui dalle ceneri della Dc naque il Ppi e in cui, tra scissioni e colpi di scena, i popolari contribuirono alla nascita dell’Ulivo.
Una creatura politica cui Andreatta (un democristiano nobile, slegato dalla logica delle correnti) contribuì in modo determinante. Un vero padre fondatore.

Avevo conosciuto il vecchio economista qualche mese prima che entrasse in coma, ad un Congresso regionale del Ppi a Bologna al quale partecipavo come delegato provinciale del partito per Forlì-Cesena.
Il suo discorso mi colpì molto e, forse, fu l’unica cosa seria e positiva di quel congresso (una mezza farsa nella quale si anticipò a sorpresa la votazione per il Consiglio nazionale, estromettendo dal voto una buona fetta di delegati impegnati nella pausa pranzo).

Tornare con la mente ad Andreatta, mi riporta ad un periodo della mia vita nel quale l’impegno politico aveva un ruolo importante. Il periodo dei primi comitati Prodi “per l’Italia che vogliamo” e delle gioie e difficoltà quotidiane vissute nei gruppetti di ex-democristiani ed ex-comunisti che si ritrovavano a costruire insieme, dopo decenni di diffidenza, qualcosa di nuovo, diverso, importante.

Ormai ho voltato da tempo le spalle alla politica, un’attività che mal si concilia con il giornalismo. Sono sempre più convinto, infatti, che ognuno dovrebbe cominciare a risolvere i conflitti d’interesse a partire dall’orticello di casa sua.

Ma non posso smettere di pensare all’entusiasmo e alle speranze di quegli anni. Un entusiasmo che il pur pacato Andreatta, già alle soglie dei 70 alla nascita dell’Ulivo, mi ricorderà sempre.

Spagnoli taroccati

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Quando oggi pomeriggio Zonda mi ha avvisato della cosa ho sobbalzato, stentando a crederlo. Ma è tutto vero.

Giovedì 10 maggio al Bronson di Ravenna suoneranno gli I’M FROM BARCELONA. Praticamente gli autori di quello che è stato l’asse portante della mia colonna sonora primaveril-estiva 2006.

So benissimo che questo gruppo svedese, che tira in ballo la Spagna ma che canta in inglese, è sconosciuto ai più (Compagnia delle Indie esclusa :P). Ma personalmente, lo ritengo un appuntamento imperdibile.

Già mi sono perso, parlando di Bronson, gli Okkervil River nel novembre scorso. E se ci ripenso ancora me ne rammarico. Gli IMFB non devono seguire egual sorte!

P.S. Alla faccia di Fringui e del concerto della Mannoia 😛

Essere donna oggi

No, non voglio scrivere un post dedicato all’immortale canzone degli Elio e le Storie Tese che tanto fece incazzare le femministe nel ’92.

Solo riflettere su due vicende molto contrastanti tra loro. In Germania il vescovo di Augusta (Baviera) si scaglia contro Ursula von der Leyen, ministro (non scriverò mai la parola “ministra”, nemmeno sotto tortura) democristiano alla Famiglia.
La poveretta, una pia e cristiana donna madre di sette figli, si è attirata le ire dell’alto prelato per aver proposto un piano per la costruzione di asili nido. Strutture delle quali, per inciso, in Germania vi è grande carenza dato che uno dei più fervidi sostenitori della costruzione di asili fu, 70 anni fa, un certo Adolf Hitler.

Ora il Governo di grande coalizione tra Cdu-Csu ed Spd prova a superare le vecchie diffidenze nei confronti di queste istituzioni con un piano che vuole rispondere alle esigenze delle donne che lavorano ed hanno figli.
Quelle stesse donne che la destra conservatrice vorrebbe chiuse in casa, intente alla sola ed esclusiva educazione dei pargoli.
Così come il vescovo Walter Mixa che, dalla sua cattedra di Augusta, ha definito i piani del Governo «micidiali per i bambini e per le famiglie» perché trasformano le donne in «macchine da riproduzione» e vogliono «reclutare giovani donne come forza lavoro di riserva per l’industria», come riporta il quotidiano Il Riformista.

Una presa di posizione assurda e integralista in un paese, la Germania, nel quale fino a poco tempo fa i vescovi si sono fatti spesso notare, al contrario, per le loro posizioni eccessivamente progressiste agli occhi del Vaticano.

Mi è tornato alla mente, per contrasto, un progetto olandese dello scorso anno. Nel paese dei tulipani, il partito laburista (PvdA) aveva proposto che tutte le donne laureate intenzionate a rimanere in casa, senza andare a lavorare, pagassero allo Stato le spese sostenute dalle istituzioni per la loro istruzione.
Evidentemente, nei Paesi Bassi, in molti considerano la scelta di diventare madre-casalinga come uno spreco di risorse pubbliche.

Qual è la strada giusta da seguire? Ci sarà mai un Paese in grado di giungere ad un compromesso che aiuti effettivamente le donne nelle loro aspirazioni (siano esse lavorative, familiari o entrambe) evitando al tempo stesso un’ingerenza regolatrice da parte dello Stato?

Sono curioso di sapere che cosa ne pensa Fringui 😉

Le toppe della politica

ulivo

Una coalizione rissosa, disunita, piena di gente assurda. Capace di andare avanti solo a colpi di fiducia, sul filo di lana di una maggioranza in bilico continuo.

Eppure, pur nella delusione massima, quello di Prodi mi pare al momento il migliore dei governi possibili. E non perché, come sostiene la sinistra radicale, in caso di caduta del Governo “si spalancherebbero di nuovo le porte a Berlusconi”.
Questa continua ossessione-demonizzazione della Sinistra per il nano pelato (come veniva chiamato sul mitico “Cuore”) mi pare proprio una tipica espressione dell’incapacità di stilare un progetto serio e comune con gli alleati.

Il mio, tenue, apprezzamento nei confronti di Prodi è dato dalle condizioni in cui il professore si ritrova a lavorare, stretto com’è tra vetero-comunisti, ambiental-populisti e beghine teo-dem. In mezzo ad un pastrocchio di posizioni politiche assurde, l’esecutivo cerca di dare un impulso riformista al sistema.
Magari in modo troppo timido, come ha fatto Bersani. Magari proponendo delle emerite castronerie giuridiche, come nel caso dei Pacs-Dico. Oppure dandosi al cerchio-bottismo spinto nei discorsi di politica estera, come quello praticato da baffino D’Alema (un equilibrista capace di far la faccia cattiva solo ad Israele).
Ma dopo anni di stasi (e non intendo solo gli ultimi cinque…) si è tornati finalmente a mettere in agenda delle riforme importanti.

Fra pochi giorni il governo Prodi si presenterà alle Camere e, salvo imprevisti, tornerà nella pienezza delle funzioni senza cambiamenti nella squadra. In realtà un cambiamento ci sarà, e neanche di poco conto. Sono i famosi 12 punti messi sul tavolo da Prodi, 12 rospi che Rifondazione e l’allegra combriccola di rincomunisti che la circonda hanno dovuto ingoiare.
Tra questi il rispetto degli impegni internazionali (e dovrebbe comprendere anche l’Iraq), il SI alla TAV, il SI ai rigassificatori, un riordino delle pensioni nonché il potere a Prodi di zittire i dissidenti e tirare avanti in caso di contrasto.

Un bello spostamento verso il centro… ma quanto durerà? Questo Governo rimane pur sempre attaccato assieme con lo sputo… per cui sarebbe bene rimettere mano al più presto alla legge elettorale. Con una soglia di sbarramento bella alta ed un premio di maggioranza.

Per il momento, dita incrociate e speriamo bene.

E’ un calcio malato

Difficilmente mi ritrovo in commenti, ricette, o soluzioni altrui.

Ancora una volta, però, Beppe Severgnini è capace di stupirmi, proponendo un decalogo contro l’indecenza negli stadi che pare rispecchiare il mio pensiero punto per punto.

Soprattutto là dove scrive che le forze dell’ordine hanno di meglio da fare che andare a garantire la sicurezza negli stadi.

Venerdì sera ho fatto le condoglianze a Gibus e Claudio, i due poliziotti più vicini a me. Altro non voglio scrivere, altrimenti mi risale la bile.

Sacrilego anch’io?

L’ultima inchiesta di un giornalista del settimanale L’Espresso ha suscitato le ire dell’Osservatore Romano, quotidiano ufficiale della Santa Sede.

Che cosa avrebbe combinato di strano questo collega? Semplicemente ha girato tra le chiese di cinque città accostandosi di volta in volta al sacramento della Riconciliazione, o “confessione” che dir si voglia, rilevando posizioni diverse tra i sacerdoti sui temi morali più scottanti, dall’Eutanasia all’omosessualità passando per l’utilizzo o meno del profilattico. E ricevendo dall’organo di stampa Vaticano accuse di profanazione, sacrilegio e offesa per i sentimenti dei cattolici.

Ma, se è così… allora io dovrei bruciare all’inferno da un pezzo! 😀

All’inizio degli anni ’90, infatti, ero assillato da un grandissimo cruccio. Non riuscivo a spiegarmi come la Chiesa Cattolica, all’apparenza così granitica su certi temi, comprendesse in realtà una pletora di posizioni diverse e tutte egualmente giustificabili. Una cosa che, all’atto pratico, finiva per legittimare tutto ed il contrario di tutto.

Così, decisi di avviare la mia personalissima inchiesta 🙂

Armato di bicicletta, nei ritagli di tempo mi misi a battere a tappeto le diverse chiese cittadine cercando di rimediare quante più confessioni possibili dai sacerdoti più disparati. Ed esponendo loro una bella casistica di peccati.

Il tutto veniva poi registrato a posteriori su carta in una sorte di grande hit-parade moral-filosofica, un calderone dal quale dovevo riuscire a tirar fuori un senso compiuto alla cacofonia di voci cattoliche, le une in disaccordo con le altre.

Un documento preziosissimo che, ahimè, sembra essere andato perduto: sarebbe stata una testimonianza storica notevole 🙂

A mia “discolpa”, dal punto di vista spirituale, bisogna però aggiungere che ero animato da una sincera volontà di capire al meglio la volontà di Dio… Tanto più che, in quel periodo, stavo pure frequentando il seminario minore! 😛

Beati i puri di cuore

«Arrivando, ho visto che c’è stato un incidente all’incrocio qui sotto, poco lontano dalla redazione!»
«E’ grave? Ci sono morti o feriti?»
«Non saprei, ma ho visto la Stradale che faceva i rilievi e un’auto era messa piuttosto male. Speriamo che non sia fatto male nessuno…»
«Eh già, speriamo proprio che non sia morto nessuno! Oggi ho finito il mio monte-ore e non sono autorizzato a fare straordinari».

Nuovo centro congressi… ma dde che??

Lunedì scorso a Pievesestina di Cesena è stato inaugurato il nuovo Centro congressi di Cesena Fiera.

Ecco. Mi viene da ridere solo a scriverlo. Due castronerie nella stessa frase: ho usato i termini “inaugurato” e “nuovo”.
Volendo potremmo mettere anche “centro congressi” tra le inesattezze, ma ‘sopravvoliamo’ come era uso dire un tempo il regista Rokko Smitherson.

Io ero in altre faccende affacendato e non ho presenziato all’evento.
Ma leggendo i giornali, e ascoltando i racconti dei colleghi intervenuti, tutti i miei dubbi in merito ne sono usciti rafforzati.

La Sala Europa sarà anche un posto valido, ma è stata ristrutturata ormai tre anni fa. La vicina sala Verde si difende a malapena e avrebbe bisogno anch’essa di un bel revamping. La sala Agricoltura poi è uno stretto bugigattolo, facile a trasformarsi in un forno ai primi raggi di sole. Durante il Macfrut viene usato anche quell’indecoroso buco chiamato “Sala A+D” (ex “delegazioni”), ma qui evidentemente qualcuno ha avuto il pudore di non nominare questo loco.

Cosa c’è di nuovo in tutto ciò? I servizi per le traduzioni erano già presenti così come il resto delle attrezzature. Forse ne è stata comprata qualcuna di nuova o sostituito qualche computer. Già, ma il personale tecnico uno se lo deve portare dietro?

E cosa dire dei servizi aggiuntivi? Un bar-ettino e la possibilità di chiamare un catering freddo: wow!

L’unica vera novità è stata la posa di due targhe con i nomi dei ministri dell’agricoltura che hanno inaugurato Macfrut fino ad oggi ed una lista degli insigniti del premio Macfrut. How exciting!

E ‘sta boiata di evento è stata in grado di mobilitare parlamentari, vice-ministri, autorità civili, religiose e militari, politici vari con lacchè al seguito, imprenditori ed esponenti assortiti delle associazioni più rappresentative del territorio.

Un’agape tra massimi livelli all’insegna del vuoto pneumatico.
E il tutto senza essere nemmeno in campagna elettorale!
Evidentemente c’è qualcosa che mi sfugge…